L'organizzazione del riconoscimento artistico al tempo delle piattaforme
Il modo in cui viene promossa la musica oggi è un riflesso delle dinamiche della competizione capitalistica.
I corsi di promozione musicale suggeriscono di gestire la propria attività artistica come fosse un’impresa. Prendono in prestito concetti e termini dal marketing. Suggeriscono che una forte presenza social sia indispensabile, e che sia possibile crescere organicamente e ottenere successo grazie ad una pubblicazione quotidiana di contenuti. Si semina oggi per raccogliere domani.
Dietro questa concezione si nasconde un pattern cristiano: intraprendere un percorso di sofferenza in vista di una redenzione futura. Ma i cristiani non sono molto bravi a pensare. Quando il futuro diventa presente, si scopre che non era come ce lo si immaginava.
Quello contro cui si dovrebbe ribellare ogni musicista oggi è l’idea che esista naturalmente un soggetto artista bisognoso di essere riconosciuto da una comunità. Perché l’intera industria musicale (che non va confusa con l’industria discografica) si nutre di questo bisogno illusorio che non ha niente di naturale, ma è socialmente organizzato. E' un po' come il fenomeno dell'editoria a pagamento che si fonda sul narcisismo e sul bisogno di riconoscimento degli scrittori emergenti.
Oggi i polli da spennare non sono più gli ascoltatori. Nessuno paga più direttamente gli artisti per ascoltare la loro musica. Al massimo paga l'abbonamento ad un servizio di streaming. Con il progressivo abbassarsi dei costi di produzione di un album, si è venuta a creare una situazione in cui c'è sempre più gente che pubblica musica e che sgomita per farsi ascoltare, a fronte di una domanda di ascolto che rimane pressoché invariata.
Oggi i polli da spennare sono i musicisti, e chi lo ha capito vende servizi direttamente a loro. Diventa sempre più difficile vivere di musica, ma sempre più facile vivere del sogno altrui di vivere di musica.
Musica, social e consumo
I mezzi non sono neutrali. I mezzi sono fatti dall'uomo per un fine, e il fine è nascosto nella loro struttura tecnica. Non esiste un uso consapevole dei social network. I social si usano come chi li ha progettati vuole che vengano usati.
Abbiamo deciso di boicottare tutti i social network e tutte le piattaforme di streaming.
Non abbiamo voglia di lavorare gratis per le piattaforme allo scopo di far crescere dei numeri (che sono messi in bella vista proprio perché li si faccia crescere), alimentando soggettività e narcisismo per soddisfare un bisogno di riconoscimento infinito.
Siamo insofferenti verso i social, ma anche verso chi critica i social sui social continuando ad usarli. Non per un fatto di coerenza, poiché la coerenza è la virtù degli imbecilli. Tutte le cose del mondo sono fatte per cambiare. Il punto è che la realtà non è un dato immutabile, ma il prodotto di processi storici, e in quanto tale può essere cambiata. Se non piace il fatto che oggi siano spariti i luoghi di aggregazione musicale e avvenga tutto davanti ad un monitor, perché non provare ad invertire la corrente?
E' inutile criticare il consumismo nei testi delle canzoni e poi promuovere la propria musica come se fosse un'attività imprenditoriale, spendendo soldi in sponsorizzazioni o uffici stampa, investendo denaro in attrezzatura costosa nella speranza di ripagarsi vendendo la propria musica. Non siamo più negli anni 50. Il consumismo di oggi è questo qui! Non solo è immune alle critiche, ma riesce ad alimentarsi di esse. Si alimenta dei sogni, delle illusioni e delle finte ribellioni.
Siamo insofferenti anche verso i social alternativi, verso le piattaforme che fanno le stesse identiche cose delle controparti commerciali, ma in modo etico. Se viene replicata la UI in modo pressoché identico, vengono replicate anche le dinamiche tossiche.
Come reagire
Al faticare in vista di una redenzione futura opponiamo il godersi il presente, l'attimo, l'evento, il creare per la gioia di farlo, per innescare un divenire. Produrre se e quando si ha voglia, non per rispettare una pubblicazione seriale al fine di far crescere dei numeri.
Alle strategie promozionali e al ragionare da imprenditori opponiamo il ragionare da artisti e il mettere al centro l'atto creativo. Non siamo tuttavia sicuri di cosa significhi "ragionare da artisti": semplicemente, suonava bene.
Alle dinamiche leader / follower delle pagine e dei profili (che ricordano le dinamiche di una setta) opponiamo la creazione del proprio spazio web, che permette una gestione creativa e non uniforme dei contenuti.
All'acquisto (molto spesso fine a se stesso) di attrezzatura costosa opponiamo il riciclo e il riutilizzo, il dare una seconda vita alle cose vecchie che si hanno già.
Alle piattaforme di streaming opponiamo il self hosting e lo streaming/download gratuito ad alta qualità. Oggi l'unico motivo per cui lo streaming sulle piattaforme è ancora in mp3 codificati a 128 kbit/s è vendere gli abbonamenti premium.
Alla piazza virtuale opponiamo la strada, il concerto, il nomadismo musicale (busking) o qualsiasi cosa permetta di vivere delle situazioni, sperimentare o creare dei concatenamenti musicali, qualsiasi tentativo (riuscito o non) di proporre e diffondere la propria musica in modo non convenzionale.
Senza social si arriva a meno gente? Pazienza.
La sfida sarà arrivare lo stesso a qualcuno, in modo diverso.